Sta succedendo una cosa sul Titano… Una vicenda che oppone la minoranza parlamentare al Presidente della Commissione Finanze, un socialista che risponde al nome di Alessandro Mancini. Una vicenda della quale, qui in Italia, potrebbe fregarci meno di nulla, ma che appare eloquente per fare certe considerazioni sulla degenerazione moralista e moralistica che affligge la società di oggi, dove -esasperiamo il concetto per renderlo evidente- diventerà pian pian piano una colpa essere “bianchi” ed “etero” e avere un padre ed una madre di sesso opposto…
Ovviamente esagero ricorrendo ad un paradosso. Ma sono certo, così, che abbiate compreso il concetto, ovvero la degenerazione in cui siamo piombati ostaggi di buonismo e dogmi vari. Ma questa è un’altra storia… La vicenda che intendo evidenziare attiene la politica. Sì, quella politica delegittimata in toto dall’indagine “Mani Pulite” prima e da un libro, un best-seller al botteghino, poi.
Ma cosa succede sul Titano? Semplice. Un consigliere segretario del Partito Socialista (sì, lì sul Titano ancora esiste) e presidente della Commissione Finanze, non ha voluto rendere nota la sua situazione finanziaria, contravvenendo alla ormai consuetudine imposta. Apriti cielo!
La minoranza ha iniziato a sparare a zero strumentalizzando anche il non strumentalizzabile, si è arrivati in Tribunale dove il malaugurato protagonista ha ottenuto alcune condanne nei confronti dei suoi avversari, oggi, fra poche ore, la vicenda accenderà la sessione parlamentare, la riunione di gennaio del Consiglio Grande e Generale. Ma che colpa è non voler rendere nota la propria situazione finanziaria? Forse una condizione disagiata in tal senso è prova o causa scatenante il malaffare? No…
I sammarinesi si trovano di fronte ad una vicenda “pesante” e inopportuna dal punto di vista sociale e una mera stupidaggine dal punto di vista politico. Una stupidaggine che sarà il punto più seguito da media e popolazione di questa sessione consigliare. Assurdo.
Non intendo scendere nel dettaglio dei debiti di questo politico, Alessandro Mancini il suo nome, il quale -comunque- i suoi impegni finanziari personali li ha “regolarmente” e al pari dei colleghi resi pubblici, omettendo -per condivisibili ragioni che ha spiegato tramite il suo legale, Carlo Biagioli, qualche giorno fa- quelli relativi a realtà giuridiche in cui era coinvolto. Debiti, quest’ultimi, che comunque ha assicurato siano tutti “coperti da garanzie o fidejussioni”.
La questione è più ampia e, anche questa “questione-Mancini” è parte di una degenerazione moralista alimentata a dismisura con la pubblicazione di un celebre libro (La Casta, di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, edito nel 2008) che ha fatto dell’antipolitica un dogma e dell’essere un politico una colpa a prescindere. Oggi, evidentemente, un politico -sul Titano e in Italia- è un “presunto colpevole”, che deve dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio la sua innocenza. Si è ribaltato, per alcune categorie -non dimentichiamo i lavoratori autonomi e gli imprenditori, nella visione comune evasori fiscali a prescindere- il Diritto…
Dunque, di danni, in Italia -ma evidentemente anche a San Marino-, questa “anti-cultura” ne ha fatti a bizzeffe… Ma torniamo alla vicenda in questione, ovvero la trasparenza imposta a chi fa politica a San Marino relativamente alla sua condizione finanziaria. Una consuetudine capestro, discriminatoria e, se fosse legge, addirittura anticostituzionale. Perchè, ad esempio, un “cassiere” -giustamente!- non è tenuto a comunicare al suo datore di lavoro la propria condizione finanziaria, mentre un politico la deve comunicare al mondo intero? Non si sentirebbe più sicuro un datore di lavoro sapendo che chi “maneggia” i soldi nella sua attività non è indebitato e quindi non ha necessità di “fare la cresta” sugli incassi? Certo, ma è giusto, anche in questo caso, tutelare la privacy del lavoratore.
Del resto, in quanti, anche sul Titano, hanno un mutuo, in quanti hanno delle esposizioni, magari in sofferenza? Ma ciò significa essere persone non affidabili o peggio disoneste? La vita non riserva sempre successi. Anzi, per conseguirli -specie in ambito imprenditoriale- è necessario assumersi dei rischi. E non sempre va bene… Un pessimo imprenditore potrebbe essere un affidabilissimo, onesto politico? Senza dubbio sì.
Quindi, è ora -oggi, dopo questa vergognosa e imbarazzante vicenda sammarinese-, specie nell’era della valorizzazione all’estremo della tutela della privacy personale, superare questa pesante distorsione del diritto anche per la politica. E’ talmente semplice comprenderne i motivi che ho voluto fare un “gioco”… Questi motivi, non li ho voluti riassumere, qui, io. L’ho fatto fare ad un computer, ad una intelligenza artificiale… Tanto sono banali ed evidenti le argomentazioni a supporto.
Ho aperto il famoso “GPT 3”, una intelligenza artificiale “free” accessibile a tutti tramite un pc e ho chiesto di scrivere “un articolo sul perché sia giusto o sbagliato costringere un politico a rendere noti i suoi eventuali debiti”.
“È importante che i politici siano trasparenti riguardo alle loro finanze personali, in modo che gli elettori possano valutare se ci sono eventuali conflitti d’interesse o se un politico potrebbe essere influenzato da debiti o altre preoccupazioni finanziarie. Tuttavia, costringere un politico a rendere pubblici i propri debiti può essere controproducente e potenzialmente ingiusto” è la prima considerazione fatta da questa intelligenza artificiale.
“In primo luogo, la maggior parte delle persone ha dei debiti -ha aggiunto- e queste non dovrebbero essere stigmatizzate o discriminate per questo. Non c’è nulla di vergognoso nel dover chiedere un prestito o un mutuo, soprattutto in un’economia in cui i costi della vita sono in continuo aumento”. E fin qui la premessa elaborata da un precessore con “cervello elettronico”…
Poi, la stessa AI è stata in grado di individuare in questo “obbligo” un pesante ridimensionamento in termini di qualità della democrazia, perchè “costringere un politico a rendere noti i propri debiti potrebbe anche scoraggiare persone preparate e capaci di dare tanto alla società dalla candidatura per un ruolo pubblico, il che ovviamente sarebbe una perdita importante per la democrazia”.
Inoltre, “rendere pubblici i debiti di un politico potrebbe dar luogo a speculazioni e illazioni infondate”, perdipiù, “potrebbe violare la privacy e la sicurezza personale. I debiti possono essere il risultato di circostanze personali difficili, come malattie o problemi familiari, e rendere pubblici questi dettagli potrebbe esporre il politico e la sua famiglia a pressioni indesiderate”. E non parliamo delle conseguenze per i figli nei rapporti con i compagni di giochi o di scuola…
“In sintesi -conclude Chat GPT”- la trasparenza delle finanze personali dei politici è importante, ma costringere un politico a rendere noti i propri debiti può essere controproducente e potenzialmente ingiusto”, sarebbe molto “più utile e giusto concentrarsi sulla trasparenza e la responsabilità nella gestione dei fondi pubblici da parte dei politici e sulla creazione di meccanismi di controllo efficaci per prevenire conflitti d’interesse”.
Considerazioni talmente elementari che una macchina è stata in grado di fare… Che l’intelligenza artificiale sia più “intelligente” di certi cittadini, di certi politici o di certi leader di partito, nel caso specifico sammarinesi, ma nel contesto generale non solo sammarinesi?
Enrico Lazzari