Un Tribunale dove un magistrato, al di fuori di ogni controllo può fare quello che la Commissione ha evidenziato avrebbe fatto il Commissario della Legge Buriani, deve essere azzerato sia nelle regole, dimostratesi nei fatti inadeguate, sia nei suoi uomini, dimostratisi incapaci di controllare e fermare lo “stupro” del diritto.
Il Consiglio Grande e Generale “dà mandato al Presidente della Commissione di Inchiesta di trasmettere la relazione finale e i suoi allegati alla Magistratura affinché quanto da essi rivelato possa contribuire alla determinazione delle responsabilità penali degli atti compiuti”. Già, ma a che Tribunale?
Che autorevolezza ha oggi l’amministrazione sammarinese della giustizia, dopo che una indagine politica ha concluso che il Tribunale, o meglio parte di esso, non perseguiva l’applicazione della giustizia ma l’interesse privato di una “cricca Grandoniana”?
Nessuno, in quel Tribunale, dopo quanto emerso, può essere assolto. Almeno moralmente. Nessuno ha impedito che la giustizia venisse asservita ad interessi privati; nessuno ha impedito che princìpi cardine venissero “stuprati”. La degenerazione del Tribunale è responsabilità di tutti coloro che l’hanno gestita in questi anni. Politica compresa… Popolazione, asserragliata come ultras-manettari da Curva Sud, compresa.
L’art.40, comma 2 del Codice Penale italiano (ma il princìpio si presume trovi applicazione anche nella legislazione sammarinese) sancisce che non impedire un fatto criminale equivale a cagionarlo.
E, un primo “colpevole” -fra virgolette, perchè ognuno è innocente fino a sentenza definitiva contraria- già ce lo abbiamo.
Non può passare inosservato che il Segretario di Stato alla Sanità, Roberto Ciavatta di Rete, ha chiaramente ammesso, all’interno della massima istituzione democratica sammarinese, il Consiglio Grande e Generale, di aver preso parte ad una violazione del segreto di indagine, una violazione processuale per usare il “legalese”, fino alla primavera del 2016.
“Ho smesso di incontrare nel suo ufficio ai Tavoucci il giudice Alberto Buriani -ha affermato Ciavatta in Aula- quando mi consigliò esplicitamente che avremmo dovuto, come Rete, entrare nella compagine di governo Adesso.sm”.
Ma cosa succedeva in quegli incontri? Lo spiega lo stesso Ministro: “All’epoca moltissimi politici frequentavano l’ufficio di Alberto Buriani ai Tavolucci e lui forniva informazioni privilegiate sul conto Mazzini”. Informazioni secretate, vien da aggiungere. Perché non denunciò, sul momento, l’azione del giudice e dei suoi colleghi politici, nonché la strumentalizzazione dell’informazione asservita alla -oggi ci si svela non nobile- “causa”?
Non denunciando il fatto, secondo un preciso principio giuridico, avrebbe quindi contribuito a cagionarlo. E di non averlo subito denunciato lo ha “confessato”, in un dignitoso atto di coraggio, lui stesso.
Ma perchè non denunciò nell’immediatezza dei fatti?, è lecito chiedersi… Forse perchè la sua partecipazione a quei summit dei “Buriani-Boys” era motivata dalla speranza che un potere dello Stato eliminasse, pur ricorrendo ad azioni illegittime (come la violazione del segreto di indagine, per citarne una evidente), un altro potere dello Stato, “nemico” o “ostacolo” per l’ascesa al potere del suo gruppo politico?
Forse ha taciuto perchè riteneva lecito ogni mezzo per far fuori i suoi nemici politici?
Perchè, seppure beneficiando di violazioni nella corretta applicazione della legge e delle sue procedure, aveva intravisto vantaggio politico personale o di partito nell’azione spregiudicata -nel golpe giudiziario si potrebbe azzardare oggi dopo la reazione della Commissione- del Commissario della Legge Buriani?
Ha, quindi, smesso di essere un “Buriani-boy” non perchè ha condannato i metodi o le violazioni di Buriani, ma semplicemente perchè si accorse che il Commissario della Legge non lavorava per lui e il suo partito?
Se così fosse e venisse appurato da chi di dovere, il suo sarebbe un comportamento gravissimo. E, le sole ombre che si è gettato addosso da solo, gli impongono, oggi, una decisione ovvia: dimissioni da ogni incarico pubblico e di governo. E, visto che il rispetto della legge, l’integrità morale è un dogma fondante il Movimento di cui fa parte, Rete, le sue dimissioni saranno questione di giorni, se non di ore…
Sì, perchè se avesse denunciato pubblicamente la condotta del Giudice Buriani avrebbe, forse, salvato il Processo Mazzini, oggi totalmente delegittimato, dalla sua fase istruttoria al dibattimento e alla sentenza di primo grado anche perchè nessuno denunciò immediatamente le violazioni perpetrate nell’istruzione dello stesso.
All’epoca seguivo la vicenda per il quotidiano “La Voce” e ricordo come se fosse ieri l’incredulità dell’Avv. Massimiliano Annetta, uno dei due difensori di altrettanti indagati, costretti in carcere in un interminabile e incomprensibile regime di carcerazione preventiva: “Qualunque cosa noi chiediamo o contestiamo -era il senso delle sue parole- rimbalza su un muro di gomma. Non so più che fare… Non si rispetta la logica del diritto, non ci viene indicato neppure qual è il reato presupposto del riciclaggio violando ogni regola dello stato di diritto e impedendoci di difendere i nostri assistiti perchè non sappiamo da cosa dobbiamo difenderli. Si arriva addirittura ad invertire l’onere della prova…”. Prova che, poi, si ricordi, Annetta e il suo collega Stefano Pagliai trovarono in Svizzera costringendo il Tribunale a revocare la custodia cautelare in carcere dei loro assistiti.
Dunque, mentre gli avvocati difensori neppure potevano comprendere perchè un ex Ministro e una madre vedova di un ragazzino di 14 anni, rimasto solo, erano rinchiusi in carcere; mentre il Tribunale negava agli stessi difensori atti adducendo il segreto istruttorio, il Ministro Roberto Ciavatta partecipava a riunioni dove quegli stessi atti venivano messi a sua disposizione. Lo ha ammesso lui stesso confessando di aver partecipato alle riunioni dei “Buriani-Boys” e precisando: “All’epoca moltissimi politici frequentavano gli uffici di Buriani ai Tavolucci e lui forniva informazioni privilegiate sul Conto Mazzini”.
Gli fa onore essersi tolto pubblicamente il peso dalla sua coscienza, l’essersi assunto pubblicamente le sue responsabilità. Ha senza dubbio dimostrato coraggio e onestà intellettuale, ma ora non può esimersi dalla naturale conseguenza delle sue azioni: dimettersi da ogni incarico di governo e attendere gli esiti degli accertamenti che il Tribunale dovrà necessariamente fare. Non solo su di lui e le sue ammissioni, sia chiaro, ma sull’intero sistema che, come denunciato dalla Commissione, ha portato importanti istituzioni dello Stato ad essere asservite ad interessi privati di un gruppo privato e non, come dovrebbe, all’interesse pubblico.
Il Tribunale avrà, nell’immediato futuro, un ruolo delicatissimo nel porre certezze giuridiche e applicare esemplari sanzioni. Ma questo Tribunale è legittimato a farlo? Si direbbe di no… Perchè un Tribunale dove un magistrato, al di fuori di ogni controllo e di ogni possibilità di essere contenuto, può fare quello che la Commissione ha evidenziato avrebbe fatto il Commissario della Legge Buriani, deve essere azzerato sia nelle regole, dimostratesi nei fatti inadeguate, sia nei suoi uomini, incapaci di controllare e fermare lo “stupro” del diritto perpetrato all’interno del loro Tribunale..
Logica, quindi, impone che il Tribunale sammarinese vada azzerato in ogni suo incarico. E’ già stato nominato un nuovo dirigente, ora andrebbero chiusi i rapporti con tutti coloro che hanno avuto un ruolo anche di semplici comparse negli anni più bui della Giustizia sammarinese per procedere a nuovi concorsi. Magari facendoli con regole diverse da quelle in vigore oggi, perchè le conclusioni della Commissione evidenziamo in maniera inappellabile che le attuali regole non hanno funzionato e rendono ogni passata e futura azione giudiziaria condotta dallo stesso Tribunale priva di ogni apparenza di autorevolezza e indipendenza.
Enrico Lazzari